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6 Aprile 2019

Psiche e alimentazione: un corpo che soffre, un corpo che parla

Siamo abituati a pensare alla mente e al corpo come se fossero un uovo: il tuorlo è la nostra psiche, l’albume il corpo.

Dentro e fuori, contenuto e involucro. È vero, abitiamo il nostro corpo, ma il modo di abitarlo non si inserisce in una logica esclusivamente duale. Siamo piuttosto una omelette: ogni parte del nostro corpo è intrisa dal nostro essere, come uno straccio bagnato: l’acqua non è separabile dalla materia. E l’essere umano parla, il corpo parla di questo modo di abitarlo: a volte attraverso i sintomi. L’ansia che si esprime attraverso il respiro corto, la tachicardia, i problemi gastrici. Un corpo teso, contratto, una voracità senza fame, un rifiuto del cibo, un senso di colpa.

L’essere umano nasce all’interno delle relazioni: non esiste essere umano che ne sia escluso. Siamo parlati da chi ci accoglie al mondo: la madre, il padre, e tutti coloro che ci incontrano. E il nostro modo di abitare il corpo si plasma attraverso le relazioni. La ricerca ci mostra che fin da neonati impariamo che quella iniziale sensazione di fastidio che rompe l’omeostasi è fame: lo apprendiamo perché la madre, davanti al pianto indefinito del neonato offre cibo. Non concepiamo all’inizio il concetto di fame: è la madre che regola sensazione del neonato e risposta. Il nutrimento non è solo cibo, è dunque anche relazione. È il fatto che la madre offra relazione che risponde al desiderio del figlio: sono le parole, lo sguardo, la ritualità che si accompagnano ad esso. Anche nella vita adulta il corpo è regolato sulle relazioni: il cibo è a volte oggetto mediatore tra mente e corpo.

Mangiare senza saziarsi è un modo di usare questo oggetto, mediatore di un vuoto. Un vuoto che non si associa ad un desiderio dell’Altro, in cui il consumo di cibo è fine a se stesso, in cui il legame relazionale non trova spazio.

Trasformiamo la mancanza in un vuoto da riempire, il corpo in un contenitore di oggetti: ma é nella relazione, nel legame con l’altro che la ricerca deve partire.
“Il desiderio è sempre desiderio dell’altro”
J.Lacan

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