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“Quella cosa mi ha traumatizzato”, “Per me è stato un trauma”, sono espressioni che anche i non addetti ai lavori hanno sentito almeno una volta nella vita.
Il termine trae le sue origini dal greco "τραῦμα", ovvero perforamento, trafittura, rottura “che trapassa”: l’etimologia contiene un riferimento al carattere violento dell’avvenimento.
Può essere di tipo fisico, causato dall’improvvisa lesione attraverso contatto con oggetti esterni, o psicologico.
Originariamente il termine era di pertinenza strettamente medico-chirurgica, ma nel XVIII secolo iniziò a diffondersi anche in psicoanalisi, psichiatria e psicologia. Il termine trauma non possiede un’unica accezione, ma ne comprende molte; comune a tutti i punti di lettura del trauma è la caratteristica di avere un effetto soverchiante sul soggetto, di rottura di un’equilibrio dell’omeostasi psichica precedente.
Il trauma è una rottura dell’esperienza quotidiana […] un evento non rappresentabile nella nostra mente, la quale ha bisogno per natura di incasellare i fatti nell’universo dei significati umani
M.Ammaniti
Se così fosse, tutti vivremmo allo stesso modo avvenimenti simili.
L’imprevedibilita della vita può portarci a vivere esperienze davvero difficili: incidenti, abusi, lutti, sono tutte esperienze che si collocano al di fuori dell’ordinario. Freud alla fine del 1800 osservò come il trauma avesse d’altro canto anche un’importante aspetto temporale: il trauma può non avvenire che a posteri, in un secondo tempo, nel quale il soggetto potrà ri-significare ciò che gli è successo nella realtà psichica, che non necessariamente ha a che fare con la realtà fattuale. L’evento primario assumerà un significato traumatico nel momento in cui il soggetto potrà integrarlo nei significanti che gli appartengono.
Dunque, seppure alcuni eventi di per sé hanno caratteristiche tali da renderli traumatici, come nel Disturbo da stress Post traumatico (leggi anche: "Quando ci sentiamo stressati e inadatti a lavoro"), in cui il soggetto sperimenta pericolo per la propria vita o per una persona a lui vicina (pensiamo ad attentati, disastri naturali ecc.), ciò che di questi eventi in un secondo momento fa trauma è il “fuori senso”: la percezione di essere sopraffatti da qualcosa che non si può controllare, ciò che lo psichiatra e psicoanalista francese Jaques Lacan indicava come “Reale”. Il rifiuto, o al contrario l’essere alla mercè dell’altro, la vicinanza della morte, la malattia, sono tutti accadimenti che ci espongono a questo “fuori senso” soverchiante.
Soffriamo quando non riusciamo a venire a patti con ciò che ci ha lacerati: ne siamo sovrastati, in qualche modo diventa per noi un centro di gravità. Ognuno ha la propria modalità soggettiva di “rendere rappresentabile” ciò che lo ha angosciato, lasciarlo fluire, elaborarlo per quanto possibile, con l’aiuto di qualcuno che dia un posto a tutto questo.
La resilienza (la capacità di sopravvivere ai traumi) è importante, aiuta a costruire difese per affrontare le avversità. Ma non basta. In una congiuntura negativa bisogna affidarsi alla creatività: fare della crisi un’opportunità per reinventarsi.
Jacques Attali
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