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2 Febbraio 2019

Mio figlio disabile andrà a scuola: cosa aspettarmi?

Nell’anno scolastico 2016/2017 gli alunni con disabilità sono stati complessivamente 254.366 .

Se ai vostri figli è stata diagnosticata una disabilità fisica e/o cognitiva, probabilmente vi hanno anche informato che verranno affiancati da un educatore e/o da un insegnante di sostegno.

Ecco di cosa parla questo articolo:

  1. Di cosa si occuperanno le figure professionali coinvolte e come potranno aiutare i nostri figli?
  2. Che cosa contiene un PEI?
  3. Che differenza c’è tra una programmazione semplificata e una differenziata?
  4. Cosa è meglio scegliere ?
  5. Di cosa si occuperanno queste figure professionali, e come potranno aiutare i nostri figli?

L’insegnante di sostegno è un docente che solitamente è specializzato nell’integrazione di alunni diversamente abili, e si occupa di stilare il PEI (Piano Educativo Individualizzato) dell’alunno con certificazione DVA, e di seguire il versante didattico del suo percorso scolastico; lavora a stretto contatto con gli altri insegnanti, sia per quanto riguarda la strutturazione delle lezioni, che nell’impostazione delle modalità di verifica di acquisizione delle conoscenze, e partecipa attivamente ai Consigli di Classe e agli scrutini; è una risorsa assegnata all’intera classe, e non solo agli alunni con disabilità.

L’educatore è una figura professionale che solitamente ha conseguito una laurea in scienze dell’educazione, educazione professionale nell’ambito sanitario o equipollenti, oppure una laurea in psicologia. Interviene con l’obiettivo di potenziare le capacità dello studente, in ambiti quali, per esempio, l’autonomia, aspetti cognitivi, gestione delle relazioni e delle emozioni. Per raggiungere questi macro- obiettivi, a seguito di un periodo iniziale di osservazione dello studente e del contesto, stila il PEP (Progetto Educativo Personalizzato), che contiene gli obiettivi personalizzati individuati, gli indicatori comportamentali attesi e i metodi e tecniche impiegati per raggiungerli. Il PEP verrà sottoscritto dall’educatore, dal coordinatore di classe, dall’insegnante di sostegno e dai genitori del minore e allegato al PEI.

Il PEI, definito anche “progetto di vita”, è il frutto di un lavoro collegiale, a cui contribuiscono a dare il loro apporto, insieme all’insegnante di sostegno, anche gli altri insegnanti di classe, l’eventuale educatore di riferimento, e gli altri operatori che hanno in carico l’alunno.

 

Cosa contiene il PEI?

La prima parte solitamente è dedicata ad una breve descrizione delle risorse professionali di cui usufruisce l’alunno, in cui sono indicate le figure coinvolte e le rispettive ore assegnate all’incarico, delle risorse strutturali della scuola (aule di sostegno, computer per la comunicazione aumentata ecc.), e delle risorse esterne (genitori, nonni, fratelli, eventuali educatori domiciliari ecc.).

In seguito vengono esplicitati gli obiettivi formativi generali e comportamentali da raggiungere, sulla base della diagnosi funzionale stilata presso ospedali o equipe accreditate, dei colloqui con le figure professionali che ruotano intorno all’alunno, e di un periodo di osservazione (che solitamente perdura per i primi due mesi dall’inizio dell’attività scolastica).

Possono essere poi esplicitate le competenze di cittadinanza da raggiungere, comuni a tutti gli studenti (per esempio: “imparare ad imparare”, comunicare, collaborare e partecipare).

Nel PEI viene proposta da parte del collegio docenti la tipologia di programma che seguirà lo studente: programmazione semplificata (obiettivi minimi) o differenziato (obiettivi differenziati).

 

Che differenza c’è tra una programmazione semplificata e una differenziata?

Nel primo caso gli obiettivi sono ridotti, ma riconducibili a quelli della classe. Lo studente svolgerà gli stessi compiti in classe dei propri compagni, ma avrà, per esempio, un numero inferiore di esercizi, oppure maggior tempo per svolgerli, o potrà programmare le interrogazioni. Sia per quanto riguarda le verifiche, che per quanto riguarda gli esami ministeriali, è possibile svolgere delle prove equipollenti che permettano il rilascio del diploma di qualifica o di maturità.

Nel secondo caso gli obiettivi non sono riconducibili ai programmi ministeriali, e dunque sarà possibile conseguire un attestato delle competenze con valenza di credito formativo per la frequenza di corsi professionali, e non un diploma. Lo studente seguirà per ogni materia un programma differenziato, che può trattare contenuti differenti da quelli dei propri compagni. La programmazione differenziata viene proposta ai genitori dal collegio docenti, e necessita sempre di approvazione scritta da parte di entrambi; qualora i genitori non dovessero approvare la proposta, l’alunno seguirà un programma a obiettivi minimi, e potrà essere passibile di bocciatura se non dovesse raggiungerli.

È sempre possibile passare da una programmazione semplificata ad una differenziata, e viceversa, qualora emergano giustificati motivi.

 

Cosa è meglio scegliere?

Spesso la prospettiva di non conseguire un diploma, o di trattare argomenti diversi da quelli dei propri compagni preoccupa i genitori, per paura che il proprio figlio possa sentirsi non-incluso, e che in futuro fatichi ad inserirsi nel mercato del lavoro.

In realtà la scelta di una programmazione differenziata può essere un’occasione utile, qualora i presupposti di apprendimento dello studente non siano riconducibili ai programmi ministeriali: può diventare uno strumento per consolidare le conoscenze e competenze di base, rafforzare il senso di autoefficacia percepita e dunque il grado di motivazione intrinseca allo studio, prevenendo situazioni in cui l’alunno sperimenti senso di inadeguatezza e un eventuale conseguente abbandono scolastico futuro. È possibile che diventi un “tempo in più” per poter arrivare poi ad una programmazione ad obiettivi minimi, o viceversa, qualora gli obiettivi minimi non dovessero essere raggiunti, la programmazione differenziata può essere lo strumento per poter apprendere e sviluppare competenze didattiche, relazionali, ed educative utili per affrontare in modo efficace e più autonomo possibile le sfide della vita quotidiana.

Il ruolo degli insegnanti

Il corpo docenti, l’insegnante di sostegno e l’educatore sono fondamentali punti di riferimento in questa scelta, perché lavorano a stretto contatto con i nostri figli, conoscono i ritmi e le dinamiche della classe, hanno chiare quali sono le abilità e conoscenze di base richieste per superare le prove, e un punto di vista di osservazione diretta su come vostro figlio affronti le lezioni e i momenti di verifica. I vostri figli sono i protagonisti attivi del proprio percorso, ed è importante mettere anche loro nella condizione di parlare ed esprimere i propri desideri, dubbi, ed emozioni.

La sfida dell’inclusione scolastica è proprio quella di poter offrire agli alunni diversamente abili un piano formativo che permetta loro di sviluppare al meglio le proprie risorse e competenze, sia dal punto di vista didattico, che educativo, in un ambiente che offra un’esperienza di socializzazione con il proprio gruppo di pari e che permetta agli alunni disabili di riconoscere le proprie risorse e metterle in pratica in maniera efficace, aspetti trasversali chiave per l’inserimento nel mondo del lavoro ed il loro benessere psicologico.

Il giusto orientamento scolastico e la collaborazione fra le figure professionali coinvolte, e fra scuola e famiglia, e il dialogo aperto con i nostri figli, sono punti fondamentali per un’inclusione scolastica riuscita.

 

 

Bibliografia:
Bandura, A., “Autoefficacia: teoria e applicazioni”, saggio, 1997
Costituzione OMS, 8 Maggio 2014
D.lgs. 13 aprile 2017, n. 66
Dl.vo 297/1994 art. 318
DPR del 24 febbraio 1994
Legge n. 104/92
Legge n. 517/77
MIUR-UFFICIO STATISTICA E STUDI -Focus “I principali dati relativi agli alunni con disabilità per l’a.s. 2016/2017”
O.M. 90/2001
Piano d’azione per la salute mentale, WHO, 2013-2020
Weiner, B,, Teoria delle Attribuzioni Causali, 1994

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